Ogni cittadino europeo, ogni anno, produce 173 kg di rifiuti alimentari: un totale di 88 milioni di tonnellate in tutta l’unione.

La produzione e lo smaltimento di questi rifiuti alimentari sono la causa dell’emissione annuale di 170 milioni di tonnellate di CO2 e dell’8% dei gas serra totali prodotti dall’uomo (dati FAO). Lo spreco è per definizione inutile e ricade su tutta la filiera: il consumo di risorse naturali, acqua, suolo, concimi e mangimi.

Solo in Italia si parla di uno spreco idrico annuale, destinato alla produzione di alimenti, di 16 milioni di tonnellate, grande quanto il Lago d’Iseo. I rifiuti alimentari hanno un’incidenza consistente anche dal punto di vista economico: nel 2020 hanno rappresentato una perdita di circa 10 miliardi di euro.

I dati parlano da soli. L’impatto ambientale e socio-economico dei rifiuti alimentari è altissimo, la necessità  di ridurli deve essere imminente, ma per sapere come diminuirli, bisogna conoscerne l’origine.

Tutte le fasi della filiera alimentare comportano la produzione di rifiuti. Alcuni derivano direttamente dalle aziende agricole, nelle fasi di produzione e di lavorazione prima ancora di arrivare alla fase di vendita. Un’altra parte è all’interno della grande distribuzione, poi nei ristoranti e infine nelle nostre case.


Ogni anno, nel mondo, vengono sprecati solo all’interno della fase di distribuzione circa 200 milioni di tonnellate di prodotti alimentari. La maggior parte sono latticini, salumi, prodotti ortofrutticoli e di panetteria.

Le motivazioni sono molte: le previsioni errate della domanda, la pianificazione inadeguata degli ordini, la loro cancellazione all’ultimo momento oppure la semplice mancanza di interesse. Molte aziende si concentrano totalmente sulle performance aziendali tecniche o economiche: non hanno un’organizzazione precisa in materia di gestione dei rifiuti e spesso sottovalutano la loro produzione e l‘influenza negativa che questa determina sulle prestazioni oltre che sull’ambiente e sui lavoratori.

Riciclare i rifiuti alimentari è una pratica corretta e sostenibile, ma è meno virtuosa di ridurre la quantità  scartata. Per questo la prevenzione è il miglior modo di agire, come indicato dalla direttiva europea 2008/97/CE che ha introdotto la gerarchia dei rifiuti, secondo la quale, ogni impresa deve impegnarsi a minimizzare la quantità  di rifiuti diretti allo smaltimento, partendo proprio da azioni preventive.

Tutte le imprese che operano nella fase di distribuzione possono fare prevenzione: ridurre la quantità  di rifiuti e di conseguenza l’inquinamento che ne deriva. Una maggiore consapevolezza, accompagnata dalle giuste tecnologie, può fare la differenza per l’ambiente e per l’impresa stessa, che optando per una scelta responsabile può ridurre i costi sociali, economici e ambientali del rifiuto.

 

Ecodyger aiuta l’ambiente, ma anche l’impresa

Ecodyger si propone qui, a fianco di tutte le imprese che vogliono agire nel rispetto dell’ambiente tutelando anche loro stesse.

Ecodyger non evita lo spreco alimentare in quanto tale, ma lo intercetta creando una risorsa reimpiegabile. La sua tecnologia agisce sugli scarti alimentari prima che diventino rifiuti, intervenendo in maniera preventiva e riducendo fino all’80% le emissioni di CO2 per ogni kg rispetto alla tradizionale gestione della raccolta. L’output ottenuto è ridotto dell’80% in volume, è stabile nel tempo, senza odori, percolati e patogeni. In questo modo è stoccabile in spazi anche ridotti, con minori costi di pulizia e di manutenzione.

Meno emissioni, meno costi e aziende più sane: aiutare l’ambiente non è mai stato così vantaggioso.

di Simona Romerio – Responsabile comunicazione marketing presso ECODYGER Srl Società  Benefit