Il 22 Aprile 2021 si è svolto il Leaders Summit on Climate, un vertice internazionale voluto dalla Casa Bianca per individuare nuovi modi per affrontare la crisi climatica e fissare nuovi impegni da parte delle maggiori economie mondiali. Organizzato in due giornate di meeting, rigorosamente virtuali, l’evento ha riunito 40 leader politici decisi a facilitare la strada verso la COP26 di Glasgow. All’evento erano presenti i rappresentanti dei 17 maggiori Paesi emettitori di CO2 del mondo e degli Stati più vulnerabili agli impatti climatici.
La nuova visione green degli Stati Uniti
“Gli USA sono tornati“: queste le parole che il Neo Presidente americano ha usato per dare inizio al Summit. L’amministrazione americana vuole usare il vertice per rivendicare la leadership statunitense nella difficile lotta ai cambiamenti climatici. Il comando statunitense era stato messo in crisi quando, a fine 2020, l’ex Presidente Trump aveva deciso di uscire dall’Accordo di Parigi, ma la decisione era stata presto invertita: Biden, già nel suo primo giorno di mandato, aveva infatti firmato diversi ordini esecutivi necessari a invertire le politiche del suo predecessore, tra queste la principale riguardava il rientro degli Stati Uniti nell’Accordo sul Clima.
Il Presidente Biden vuole combattere l’emergenza climatica attraverso azioni drastiche. Ritiene il Green New Deal come un quadro fondamentale per fronteggiare le sfide che il mondo ha di fronte e individua due aspetti fondamentali all’interno del proprio progetto: la necessità per gli USA di abbracciare un’ambizione maggiore per vincere questa sfida al cambiamento e la consapevolezza che ambiente ed economia siano strettamente connessi.
Il mondo vede nel Piano Biden uno strumento verso il New Deal, ma per rendere possibile tutto ciò il Presidente ha percepito la necessità di radunare diversi Stati per affrontare le minacce climatiche: da qui l’invito a tutti i Paesi di rafforzare il proprio impegno.
5 sessioni per 5 obiettivi e un 10 in condotta
L’ampiezza del tema dell’evento ha richiesto un’organizzazione capillare: il Summit è stato suddiviso in 5 sessioni, relative ad argomenti differenti, ma accomunate dalle volontà dei governi di abbracciare nuove politiche chiave per la lotta ai cambiamenti climatici.
La prima giornata si è aperta con la sessione “Raising Our Climate Ambition“, che ha posto l’attenzione sulla necessità da parte di ogni Paese di rafforzare le proprie azioni contro la lotta climatica per riuscire a ottenere risultati concreti e realizzare nuove opportunità economiche.
A tale fine, molti dei Paesi intervenuti al vertice hanno annunciato le modifiche dei propri Nationally Determined Contributions (NDC): questi sono i goal climatici che ogni Nazione aveva adottato in maniera autonoma e volontaria per raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi.
Fra i cambiamenti più radicali c’è il nuovo NDC degli Stati Uniti che mette nero su bianco l’impegno a ridurre del 50-52% le emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Nonostante il documento non abbia ancora previsto obblighi individuali e specifici, le riduzioni dovrebbero derivare per lo più dalle centrali elettriche e dal settore automobilistico.
Ad accompagnare le dichiarazioni degli USA ci sono state quelle giapponesi, che prevedono la riduzione delle emissioni del 46-50%, rispetto ai livelli del 2013, entro il 2030: un’accelerazione significativa se si considera l’attuale obiettivo di riduzione del 26%.
I rappresentanti indiani hanno annunciato un partenariato per il clima e l’energia pulita USA-India, con il quale i due Paesi vogliono promuovere l’innovazione e la diffusione dell’energia pulita fra il 2020 e il 2030: l’obiettivo indiano è di 450 GW di energia rinnovabile entro il decennio.
Nemmeno l’Europa rimane in silenzio: l’Unione vuole ottenere il 55% di emissioni in meno entro il 2030 per raggiungere un impatto climatico pari a ภentro il 2050.
Questi sono solo alcuni dei Paesi intervenuti: molti altri, fra cui Argentina, Regno Unito, Cina e Sudafrica, hanno dichiarato un impegno rafforzato.
La seconda sessione ha dato luce all’esigenza di aumentare i finanziamenti destinati all’azione climatica per facilitarne la mitigazione e l’adattamento anche nei Paesi in Via di Sviluppo: in loro favore, è stato ribadito l’impegno dei Paesi sviluppati di mobilitare annualmente 100 miliardi di euro di finanziamenti pubblici e privati.
La terza sessione, ultima della prima giornata, ha trattato diversi argomenti: in primo luogo, si è parlato di adattamento e resilienza, ossia delle modalità innovative con cui i diversi Paesi stanno rispondendo ai cambiamenti climatici. Successivamente, l’attenzione è stata indirizzata verso un tema definito “azione per il clima a tutti i livelli“, concentrato sull’importanza di dare vita a società ed economie giuste e inclusive. Parlando, poi, di sicurezza climatica sono state analizzate le conseguenze dei cambiamenti climatici, le quali minano la stabilità e la tranquillità delle popolazioni. La sessione è stata conclusa con la consapevolezza che per raggiungere un impatto climatico ภentro il 2050 sono necessarie soluzioni naturali, come l’arresto della deforestazione o la protezione delle aree marine.
La quarta sessione ha dato il via al secondo giorno e ha posto l’accento sull’innovazione climatica e sulle tecnologie necessarie all’accelerazione della transazione verso l’obiettivo ภemissioni: secondo gli intervenuti, il 45% della diminuzione di gas serra deriverà da tecnologie non ancora in commercio.
Infine, l’ultima sessione ha evidenziato le opportunità economiche portate dall’azione per il clima, fra le quali una delle più importanti riguarda la creazione di posti di lavoro.
Il Presidente Biden ha concluso sottolineando che coloro che sono disposti oggi a investire in questo tema raccoglieranno i frutti della prosperità economica nei prossimi anni: anche per questo, tutti devono essere pronti ad agire.
Fonti: https://www.state.gov/leaders-summit-on-climate/
di Simona Romerio – Responsabile comunicazione marketing presso ECODYGER srl Società Benefit